Qualcuno si intrattiene in argomentazioni che si richiamano alla civiltà giuridica. Esse non spiegano però perché se un sindaco decade o si dimette, decade tutto i Consiglio comunale, se un presidente di regione si dimette o decade, tutto il Consiglio regionale decade. E’ già accaduto o no? E non nel III secolo a . C.
Nessuno si è posto nei casi citati la domanda su quale fosse la responsabilità dei decaduti, per dover subire, obtorto collo, la sorte di un sindaco o di un presidente di regione che lascia.
Allora la domanda che si può fare a chi sembra preparato sull’argomento – è lecita: la temperie culturale e la civiltà giuridica attuale ha cancellato quelle “aberrazioni” o gli risulta che le stesse siano ancora in vigore?
Vale anche un poco soffermarsi su certe previsioni: certo, tutto porta a considerare che l’organismo consiliare con la sua articolazione dedicata (che ha già rinviato i lavori di commissione agli inizi di Febbraio) faccia di tutto per sopravvivere e realizzare il responso oracolare di chi dice ”che tutto finirà come prima”, e col suo beneplacito. Non servono doti divinatorie per capirlo.
Il dibattito, qualunque discussione è funzionale alla presa di coscienza da parte dei cittadini su temi di rilevanza pubblica, senza i quali le decisioni, di qualunque tipo, sarebbero calate dall’alto. Mi permetto di dissentire per questo motivo da coloro che parlano di rito del dibattito pubblico, assimilandolo ad un gioco, sia pure democratico, quasi a sminuirlo. Questo rito è il sale della democrazia, esso concorre a sostanziare le decisioni e a darne una giustificazione plausibile o meno.
Aiuta a decidere, a ponderare, a decidere con saggezza.
Anche dopo la decisione del Consiglio regionale (qui è il sottoscritto che si improvvisa oracolo) la vicenda non sarà conclusa. La laica rappresentazione della politica coi suoi rappresentanti eletti troverà forse registi- attori diversi per arrivare al suo epilogo. Verrà aperta una sottoscrizione da parte di cittadini per impugnare l’eventuale decisione contraria alla decadenza.
Aldo Lobina