Non concordo con Andrea Pubusa, già professore di Diritto Amministrativo nella facoltà di Giurisprudenza di Cagliari (vai al link: https://www.democraziaoggi.it/?p=8954#comment-19435)
.. “nè reiterata né grave”..? Ci sono inadempienze previste per legge, che contempla la decadenza di chi ne è responsabile. La gravità evidentemente è ritenuta tale, se la “pena” è la decadenza.
La legge cui si sono richiamati i componenti del Collegio elettorale regionale mi pare non debba considerare “la reiterazione”, per il semplice fatto che è impossibile che essa si manifesti nel caso di specie. Si dovrebbe accedere infatti a nuove elezioni per riconoscerla ancora.
Ci sono state situazioni, in assemblee di rango inferiore, per utilizzare codici linguistici o tecnici, che piacciono al professore, che furono minacciate di scioglimento dall’allora esistente Coreco perché si erano ostinate a non volere dichiarare ineleggibile un componente appunto ineleggibile, che rientrava perfettamente nelle categorie escludenti previste dall’ordinamento.
Ci sono situazioni in cui tutti sono tenuti al rispetto delle leggi, i consiglieri comunali, i consiglieri regionali, gli organismi di controllo, lo stesso presidente della Repubblica. Il Consiglio regionale non è legibus solutus.
Il rango costituzionale del Consiglio regionale obbliga appunto i componenti del Consiglio a rispettare le leggi, anche quelle che ne determinerebbero la decadenza, visto il sistema presidenziale vigente.
Appare molto chiaro che a fronte di un atteggiamento “anticostituzionale” di una assemblea eletta, obbligata a rispettare il giudizio del potere giudiziario, se dovesse arrivare la conferma della decadenza, vi sarebbe un naturale e conseguente intervento del Presidente della Repubblica, che scioglierebbe come un solvente una ostinata assemblea. Che andrebbe a casa allora non in forza del presidenzialismo, ma dell’autorità del capo dello Stato, supremo custode della Costituzione della Repubblica. Se una legge dello Stato ha dato ad un organismo “amministrativo” come il professore lo definisce, la potestà di decretare la decadenza di rappresentanti eletti, come è anche la presidente Todde, non si vede perché si discuta di rango e si voglia creare una sovra ordinazione, una gerarchia che è surretizia. In democrazia l’esercizio del potere si traduce nell’esercizio di funzioni, determinate dalle leggi. Rango è parola piena di significati che però in uno stato democratico non sono immuni da meccanismi di dissoluzione. Tanto più che nuove elezioni democratiche, risanerebbero tosto l’istituto, attribuendogli ogni potestà.
Ho già osservato che l’assemblea regionale ha fatto bene a prendere tempo, dando alla stessa Todde la possibilità di un ricorso, che ci auguriamo tutti di rapida soluzione in un senso o nell’altro.
Aldo Lobina